21 Gennaio 1985
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Spirito di sacrificio e piacere
[1] Gli uomini non devono comportarsi come animali che inseguono
un miraggio nella speranza di placare la loro sete. Il dovere primario
dell’uomo è realizzare la sua Divinità. L’illusione che gli fa
credere di essere il corpo è la causa della sua schiavitù. La conoscenza
del Sé (ātmajñāna) distrugge tale illusione.
Come un seme trova la propria realizzazione trasformandosi da alberello
in un grande albero carico di fiori e frutti, così l’uomo deve
raggiungere la sua realizzazione ottenendo la completezza e la maturità
di un essere umano.
Dio è il seme della creazione, il cosmo è l’albero, l’umanità rappresenta
i frutti di quell’albero; in ogni frutto umano c’è un seme, ovvero
l’ātman che è divina ed è la Causa Prima. In ogni individuo il
seme divino dell’ātman brilla con grande splendore, ma non tutti
sanno realizzare questa profonda verità.
L’essere umano è un complesso di corpo, mente e ātman, e senza la
presenza di tutti e tre non potrebbe compiere alcuna attività. Sia il
corpo sia la mente sono collegati all’ātman, e nessuno dei due potrebbe
funzionare senza il Sé.
[2] Comprendere l’unità di corpo, mente e ātman significa realizzare
una verità fondamentale. Il corpo è grossolano, l’ātman è sottile e la
mente collega entrambi. Se ignora l’ātman, l’uomo si riduce al livello
di un animale; se il corpo e l’ātman sono ignorati e solo la mente è
attiva, lo stato di umanità è messo in luce; se il corpo e la mente
vengono scartati e si sperimenta solo l’ātman, allora si realizza il Divino.
Ma com’è possibile conseguirlo?
Un requisito essenziale è tyāga (rinuncia o spirito di sacrificio). Come
si può conciliare il sacrificio con l’incessante attività dell’uomo e
il suo desiderio di ottenere agi e comodità? L’abisso che esiste tra
tyāga (sacrificio) da una parte e bhoga (godimento) dall’altra appare
incolmabile. Il vedānta ha risolto tale conflitto specificando che si
può trarre piacere dagli oggetti materiali, mantenendo però un senso
di distacco e spirito di rinuncia.
Se nel compiere le azioni si elimina l’ego e se si usano gli oggetti
senza provare alcun attaccamento, non ci sarà alcuna differenza tra
tyāga (rinuncia) e bhoga (godimento). I piaceri che sono sperimentati
con un senso di distacco cessano di essere tali e diventano una forma
di yoga1. Alla fine, dopo aver goduto di agi e comodità, cosa rimane?
Il corpo si decompone nei cinque elementi.
[3] Il fondamento è il Principio dell’ātman che sostiene il corpo e tutti
i sensi. Quando l’ātman lascia il corpo, né gli organi di senso né la
mente sono in grado di funzionare. L’ātman è eterno, onnipresente e
la sua esistenza non dipende da nient’altro che da sé stesso.
La ricerca spirituale deve avere un obiettivo, cioè comprendere e
realizzare la natura dell’ātman e acquisire brahmajñāna (conoscenza
dell’Assoluto). L’indagine sulla natura dell’ātman deve essere lo
scopo principale della vita di ogni uomo e, per raggiungerlo, la purezza
di pensiero, parola e azione è essenziale.
Abbotsbury, Madras, 21.1.1985