Aprile 1973 – Il giardino di Dio

Aprile 1973

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Il giardino di Dio

[1] L’uomo deve riconoscere il proprio debito e i propri doveri
verso la società, questo è il miglior modo per risolvere i problemi
d’oggi. Si presta troppa attenzione solo a discussioni e a controargomentazioni,
a proposte e ad opposizioni, a piani e a programmi.
L’obiettivo degli egocentrici è ottenere una vittoria verbale
più che raggiungere un risultato valido e concreto, e non tentano
neppure di incoraggiare le virtù sociali come l’onestà, la tolleranza
e la cordialità.
La società, con il suo amore, ardore ed entusiasmo nel confortare e
consolare, è l’espressione della Divinità sotto molteplici aspetti.
Un raggruppamento casuale di uomini non diventa una società;
essa deve saldarsi in un’unità attraverso la coscienza di affinità
con Dio, mediante la condivisione reciproca di gioie e dolori e lo
sviluppo dell’empatia. L’individuo deve manifestare con le parole
e con i fatti la beatitudine naturalmente insita in lui e nella società.
Far girare tra le dita i grani di un rosario o sedere eretti a contemplare
la punta del proprio naso sono solo modi innocui per passare
il tempo. La partecipazione attiva alla società in uno spirito di
dedizione e di resa, considerando tutte le azioni come atti d’adorazione
e tutti gli uomini come incarnazioni del Supremo, è la
forma più benefica di disciplina spirituale perché non v’è luogo
ove Egli non sia, non v’è oggetto che Egli non sia. Come affermano
le Scritture: Egli volle diventare tutto questo [universo]. Culto,
adorazione e pellegrinaggi non sono il fine supremo! L’obiettivo è
la realizzazione: “Io sono Lui, Egli è me.” Quell’identificazione
soltanto può riempire il cuore di beatitudine.
Se vi sentite individui separati, l’invidia, il risentimento, la gelosia,
l’orgoglio cominceranno a contaminarvi; solo l’amore può unirvi
saldamente in un rapporto di affinità con tutti. Voi siete Śiva-śakti,
il Principio latente-manifesto, positivo-negativo, inerte-attivo. Siate
sempre consapevoli di questa segreta verità di voi stessi.
[2] Dhivākarla Venkatāvadāni ha recitato alcuni versi di benvenuto
per Me, nei quali ha espresso lodi su lodi con stile dolce e sentimenti
sinceri. Quando si trascende la dimensione umana e si
raggiunge il Divino, l’ardore dell’adorazione andrà scomparendo.
Potete evocare il Divino in voi con la stretta osservanza del
dharma: questo è il messaggio del Mahābhārata. Oppresso dal dolore,
un giorno Arjuna addossò tutte le colpe al fratello maggiore
Dharmarāja: “Per colpa tua la nostra cara madre è separata da noi,
nostra moglie è stata oltraggiata davanti a tutti, il mio unico figlio
è stato massacrato dai nostri feroci cugini, la nostra dinastia è costretta
all’esilio e la nostra eredità ci viene sottratta sotto gli occhi!”
Dharmarāja rispose: “Quando tu incolpi me, ricordati che
stai incolpando il dharma; nessuno potrà mai soffrire a causa del
dharma, perché il dharma protegge chi lo protegge. Il dolore che il
dharma infligge è una benedizione, una cascata di gioia. Poiché noi
ci siamo attenuti al dharma, Dio combatterà al nostro fianco e ci
porterà alla vittoria.”
Dio è l’Incarnazione della compassione; Egli è attento a ogni granello
di bontà e di umiltà per ricompensarlo con grande abbondanza
di grazia.
Una volta, in un certo tempio di Śiva, il prete aveva una coppa
d’argento forata sul fondo per far scendere continuamente un filo
d’acqua; la riempiva e poi l’appendeva sopra il liṅgam affinché il
Dio che aveva inghiottito il veleno capace di distruggere l’universo
godesse di un fresco benessere1. Anche di notte, quando il prete
era a casa e le porte del tempio chiuse, la coppa era al suo posto.
Una notte un ladro riuscì a entrare nel tempio per impossessarsi
dell’argento e, non riuscendo a raggiungere la fune che sorreggeva
la coppa, salì sul liṅgam stesso per recuperare il prezioso oggetto.
Mentre si trovava ancora in piedi sul liṅgam, Śiva gli si manifestò
in tutta la Sua gloria: “Figliolo, apprezzo il tuo completo abbandono,
visto che hai gettato su di Me tutto il tuo peso!” Il ladro
pregò allora Śiva di aiutarlo a prendere l’argento; non c’erano scale
né panche su cui salire, perciò il liṅgam era il suo unico sostegno!
[3] Un giorno, un guru mandò un suo discepolo da un mendicante
che risiedeva in un tempio di Śiva perché ricevesse ulteriori insegnamenti.
Giunto al tempio, lo studente trovò quell’uomo sdraiato
al centro del santuario, con le gambe appoggiate sul sacro liṅgam.
Il giovane si indignò a tanta insolenza, e pronunciò parole dure
contro quel comportamento. Allora il mendicante gli disse: “Per
favore sposta le gambe e mettile in un punto dove non ci sia il
liṅgam.” Ma ovunque le posasse, appariva un liṅgam per sostenerne
i piedi! Così, la lezione che il mendicante insegnò a quel giova-
ne era che Dio è ovunque: occorre solo acquisire la visione adeguata
per vederlo.
Per arrivare a Dio, non occorrono dure discipline spirituali: è sufficiente
l’amore; evitate l’odio, l’invidia o anche solo l’antipatia
verso qualcuno. Mettete in pratica l’amore attraverso il servizio
altruistico. Quando la bellezza del seme sboccia, appare il fiore;
Dio è la bellezza che sboccia come uomo! Nella Gītā, il Signore ha
dichiarato:
bījaṁ mām sarva bhūtānāṁ
in tutti gli esseri viventi Io sono il seme
$ $ $ $ $ $ $ (Bg. 7.10)
Poiché il seme è immortalità, anche l’albero è immortale, anche i
fiori e i frutti lo sono. Se Egli è il succo (rasa), dolcezza e amore,
tutte le Sue manifestazioni sono dolci e amorevoli. Se Egli è luce,
nulla può essere buio. Se Egli è caitanya2, cit3, nulla può essere
jaḍa4, privo di consapevolezza, coscienza e intelligenza.
Se andate fieri di essere orientati verso Dio e in marcia verso di
Lui, il vostro orgoglio annuncia che Dio è solo alla periferia delle
vostre attività; siate umili e non limitate Dio a un Nome e a una
Forma particolari; come potete attaccare a Dio un’etichetta e co-
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2 Caitanya – Consapevolezza Universale, Pura Coscienza, esente da ogni
oggetto o contenuto; la forza vitale onnipresente che dà vita alla Natura
sottile e grossolana.
3 Cit – La Consapevolezza Originaria essenziale al Brahman, pura, immutabile,
esente da qualsiasi contenuto che non sia Sé stessa.
4 Jaḍa – Inerte, inconsapevole. Tutte le mutazioni di prakṛti sono inconsapevoli,
inerti, materiali. Jaḍa è il non-reale, il non-conscio, il non-senziente,
tutto ciò che non è sat e cit. Essenzialmente, il mondo è jaḍa. Ma
jaḍa è inseparabile da sat e cit o caitanya, non può esistere che subordinato
ad essi.
stringerlo ad attenersi alle vostre indicazioni? Osservate l’emblema
dell’Organizzazione Sathya Sai: esso dichiara che tutte le fedi
nutrono il cuore di beatitudine, tutte le fedi purificano la mente
dalla meschinità, tutte le fedi danno coraggio a chi è debole e insicuro.
[4] L’universo che vi circonda è un bel giardino con tante aiuole
deliziose e fiori dai mille colori dal profumo inebriante; ogni aiuola
fiorita è una religione che attrae l’adesione e la fedeltà di milioni
di ricercatori. Anche il giardino è Dio; Egli danza in quel giardino
davanti alla Sua opera e allieta i fiori con la magica melodia del
flauto. Siate pieni di gioia e d’amore e condivideteli con tutti. Se
invocate ‘Dio, Dio’, e infliggete sofferenza all’uomo, sarete considerati
degli impostori. Non serve gridare ‘Dio, Dio!’ Se solo donate
gioia a un fratello, Dio risponderà con la Sua presenza anche
senza essere invitato. Ci sono numerose persone con posizioni autorevoli
e influenti che adorano Dio, e allo stesso tempo detestano
l’uomo; costoro si comportano come se il loro Dio fosse un individuo
di limitata intelligenza, che si lascia facilmente abbindolare,
che prende per buone le loro parole senza mai guardare alle motivazioni
e alle intenzioni celate dietro.
Siate certi che Dio risiede in tutti gli esseri; pronunciate parole che
diffondano bontà, verità, bellezza e agite in modo da promuovere
la felicità e la prosperità di tutti. Pregate che tutti i mondi abbiano
pace. Espandetevi, non contraetevi nelle vostre piccole individualità;
espandetevi nell’amore universale, nell’equanimità incrollabile,
nella virtù operosa. Questa è la via che farà sbocciare pienamente
la Divinità in voi.

Hyderabad, aprile 1973