Aprile 1973 – I due poliziotti

Aprile 1973

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

I due poliziotti

[1] L’uomo si compiace di sapere tutto ma, se gli chiedete di sé
stesso, abbassa la testa per la vergogna; è al corrente delle notizie
di tutti i Paesi, ma non si rende conto degli inconvenienti che arreca
a sé stesso e agli altri; procede al buio ma desidera la beatitudine,
tuttavia non conosce i mezzi per raggiungerla, ovvero la preghiera,
il servizio altruistico, lo studio dei testi spirituali, la meditazione,
il silenzio; perciò non crede di essere egli stesso la beatitudine
e non crede che quella sia la sua vera natura. Inoltre viene
spazzato via dalle calamità perché non ha la forza di sostenerne i
colpi.
La fede nel Dio interiore è lo scudo più resistente contro i pesanti
attacchi del destino. I nidi costruiti con grande abilità dagli uccelli
vengono spazzati via dalle tempeste, i petali profumati dei fiori si
rovinano sotto la pioggia; la sconfitta e la vittoria sono il dritto e il
rovescio della stessa moneta: se ne accettate uno, volenti o nolenti,
dovete accogliere anche l’altro. Pazienza, compassione e virtù incorruttibile
sono i tre pilastri di una vita felice: solo così può essere
detta civile, altrimenti è solo un’esistenza barbara e rozza.
[2] Questo nostro incontro è iniziato con una preghiera; bene, ma a
Dio non vanno rivolte preghiere per chiedere vantaggi o profitti,
poiché questo significherebbe che Dio resta in attesa finché non
riceve una richiesta. Abbandonatevi a Lui! Egli si occuperà di voi
nel modo che riterrà più opportuno e più benefico per voi. Dio
non distribuisce la Sua grazia proporzionalmente alle lodi che riceve!
Se lo pregate per ottenere qualcosa, ci sarà il rischio che poi
attribuiate a Lui la colpa se la preghiera non viene esaudita come
desiderate o abbastanza alla svelta. Tale situazione sorge perché
voi credete che Dio sia un ‘estraneo’ che risiede in qualche remoto
paradiso o luogo santo, lontano da voi. Dio è in voi, in ogni vostro
atto, pensiero e parola; perciò parlate, agite e pensate nel modo
che sia adatto a Lui; svolgete il compito che Egli vi ha assegnato al
meglio delle vostre abilità e con piena soddisfazione della vostra
coscienza. Questo è l’atto di adorazione più appagante.
Quando vi trovate di fronte a qualcuno, la sua immagine è nel vostro
occhio e la vostra immagine è nel suo: l’avete mai notato? Voi
siete in me, Io sono in voi: ecco la verità che un simile fenomeno
rivela! Se avete fede in questo, se coltivate amore, umiltà, rispetto
per la vita e tolleranza, siete sulla strada giusta; se invece non seguite
questa via, ma viaggiate nella direzione opposta, sarete certamente
esclusi dal condividere la divina grazia.
Il corpo è il tempio di Dio, non è vero? Bene, cosa fa il prete ogni
giorno nel tempio? Per prima cosa pulisce gli utensili e i vasi del
santuario, spazza i pavimenti e pulisce l’altare. I sensi sono gli
utensili per il rito di adorazione del Dio interiore, quindi devono
essere attentamente puliti e tenuti esenti da ogni traccia di sporco.
La pulizia interiore è devozione ed è possibile solo attraverso il
controllo dei sensi e della mente oppure, ed è la stessa disciplina,
dedicando tutti i desideri e le attività a Dio.
[3] Ci sono vari modi di comportamento che potete apprendere
per assicurarvi l’equanimità. Se qualcuno vi insulta o vi calunnia,
accettate la cosa con un sorriso e pensate: “Così è il mondo, sostanzialmente
ingrato e grossolano; costoro mi stanno facendo un
piacere: la mia forza è sotto esame e non devo cedere all’ira o al
risentimento.” Fatevi forti formulando questi pensieri e restate
calmi, con un sorriso di trionfo sulle labbra.
Un giorno un saṁnyāsin, un asceta rinunciante, venne pesantemente
insultato da una banda di giovinastri. Egli disse loro:
“Avanti! Divertitevi pure! Vedo che siete molto contenti di questa
opportunità, è esattamente quello che desidero per voi.” Se non
accettate gli insulti che qualcuno scaglia contro di voi, essi ritorneranno
a chi ha voluto offendervi; una raccomandata torna al mittente
se non viene accettata. Non compromettete la vostra pace
mentale accettando la lettera e leggendone il contenuto; rifiutatela,
così avrete la possibilità di correggere chi si comporta male. Se
l’accettate significa che vi aggregate alla banda di quei malfattori:
quindi siete avvisati!
[4] Quando Dio verrà riconosciuto come il Residente interiore, tutti
compiranno il loro dovere come atto di adorazione. I figli devono
riverire i genitori: quello è il loro dovere. I genitori devono
educare i figli a essere cittadini intelligenti e zelanti, capaci di
guadagnarsi il pane e di aiutare chi soffre; se i genitori si sottraggono
alle loro responsabilità, vengono meno al loro sacro impegno.
Inoltre, non devono rovinare i figli concedendo loro troppa
libertà e soddisfacendo le loro fantasie. Conosco molti genitori che
stravedono per i propri figli e li ammirano quando prendono le
cattive abitudini di giocare d’azzardo o di bere! Non li tengono a
freno quando vanno a zonzo nei bazar facendo i prepotenti con i
passanti, non infondono nelle giovani menti l’attitudine al rispetto
per la proprietà altrui. Di conseguenza, i figli vanno a finire nei
guai, e allora i genitori si pentono e maledicono loro stessi per la
loro imperdonabile stupidità.
C’è anche un’altra responsabilità che compete al padre: egli deve
vivere la vita del capofamiglia come stabilito dalle scritture sul
dharma, in modo che l’immagine di una vita pura e felice s’imprima
nella mente dei figli. Se il padre si ubriaca, gioca o è un imbroglione,
neppure una quantità di testi di etica riuscirà a raddrizzare
il figlio.
Io amo i bambini e i giovani innocenti, e non permetto che siano
biasimati. La colpa è completamente da attribuire agli adulti, ai
genitori, ai leader che stabiliscono le regole che poi i giovani assorbono.
Dhṛtarāṣṭra, il padre cieco dei Kaurava, incoraggiò i suoi
cento figli a realizzare i loro nefasti piani per eliminare i cinque
cugini Pāṇdava, e così preparò la strada per il loro annientamento
totale; egli non insegnò loro con le parole né con l’esempio la lezione
dell’amore, del sacrificio e del sapersi accontentare.
[5] Non appoggiatevi agli altri, contate sulla vostra forza e capacità.
Vivete del vostro guadagno, delle vostre risorse. La fiducia in
sé stessi è il miglior cibo per far crescere i giovani. È meglio vivere
un solo giorno con onore che decine d’anni con disonore; è meglio
un cigno dalla vita breve di un corvo che viva un secolo; il cigno è
ammirato da tutti, mentre il corvo è detestato e preso a sassate.
Non desiderate le proprietà altrui o le cose che si possano ottenere
con l’inganno o mezzi poco dignitosi. Guadagnate con il sudore
della vostra fronte, così potrete essere lieti e orgogliosi quando sarà
il momento di spendere.
Ammonisco di nuovo i ragazzi a non leggere i fumetti dell’orrore,
i libri di sesso e di delitti, i romanzi che narrano storie di vizio e di
malvagità. Evitate anche i film perché, anche se sono presentati
come educativi e ispiranti, i produttori, nella loro avidità di profitto,
vi inseriscono scene volgari e degradanti per compiacere le
menti più rozze e non discriminanti. Non permettete al virus del
vizio di infettare la vostra mente; se questo accade, scenderete a
un livello peggiore delle bestie. Non pensate che vi sarà possibile
vivere felici, senza ansie e senza preoccupazioni; non costruite castelli
in aria sperando di andare ad abitarvi. La vita è un mosaico
di piacere e dolore; la sofferenza è un intermezzo tra due momenti
di gioia, e la pace è una parentesi tra due guerre. Non c’è rosa senza
spine; la persona accorta coglierà il fiore ed eviterà le spine. Allo
stesso modo, non c’è ape senza pungiglione, e l’abilità consiste
nel riuscire comunque a raccogliere il miele. Guai e fatiche vi tormenteranno,
ma non lasciate che vi distolgano dal sentiero del
dovere e della dedizione.
[6] Quando tornerete ai vostri villaggi dopo aver trascorso qui
qualche anno, cercate l’organizzazione di servizio ‘Sathya Sai
Sevā’ o il gruppo bhajan locale e frequentate quelle buone compagnie.
Godete anche voi della gioia del servizio che queste persone
svolgono: visitate i malati negli ospedali, sedete vicino ai letti e
leggete loro dei bei libri di storie, scrivete lettere per loro e siate
gentili e amichevoli con loro nella solitudine e nel dolore. Andate
nelle baraccopoli, muovetevi come lampade luminose piene
d’amore e di partecipazione e aiutate la gente a realizzare ciò che
può migliorare la loro salute, aumentare le loro entrate e far progredire
l’istruzione. Quando si aggiunge lo zucchero dei pensieri
divini alla solita acqua insipida della vita quotidiana, questa diventa
sciroppo delizioso. Dunque, fate così e aiutate anche gli altri
a farlo.
L’uomo è l’immagine di Dio; se offendete la Sua immagine, se lo
scartate, gli mancate di rispetto o lo tenete lontano, come può Dio
conferirvi la Sua grazia? Se affermate: “Ciò che è mio è mio, il tuo
è tuo!” – anche Dio vi terrà fuori del raggio del Suo amore. Una
volta Annie Besant1 asserì che, invece di dire che l’uomo è alla ricerca
di Dio, è più vero dire che Dio è sempre in cerca dell’uomo,
di un uomo che ami e serva i Suoi figli e li tratti tanto teneramente
quanto Lui.
[7] Molti si deprimono a causa della loro povertà o sfortuna, chinano
la testa, incrociano le braccia e incolpano Dio della loro misera
condizione. È come la situazione della calamita e del pezzo di
ferro: il ferro geme perché la calamita non lo attira: “Non ho gambe
per camminare né ali per volare, non ho muscoli per strisciare;
come posso raggiungere il magnete?” Ma quest’ultimo risponde:
“Sei coperto di ruggine, di polvere, sei imbrattato di fango; liberatene
e potrai avvicinarti a me automaticamente, senza altro indugio,
e stare sempre con me.” È da impertinenti dire che Dio non
abbia il potere di elargire la Sua grazia se si è coperti di ruggine e
sporcizia, e non è neppure un segno d’intelligenza affermare che
Dio non abbia compassione. Esaminatevi, purificate il cuore e
colmatelo d’amore per tutti gli uomini, e Dio sarà con voi.
Dio non si trova in qualche luogo lontano da voi, non è distinto da
voi: Egli è in voi, davanti a voi, dietro a voi, vi fa cenno, guida,
sorveglia, avvisa, stimola, è la voce interiore che vi parla sempre.
Non c’è bisogno di cercarlo: Egli è lì, pronto a rispondere alla
chiamata che viene dal cuore. Chiamatemi, e Io sarò sempre al vostro
fianco.
Oggi sono stati distribuiti dei premi soltanto ad alcuni ragazzi, ma
desidero darli a tutti voi, in occasione della Mia prossima visita;
comportatevi perciò in modo tale da meritare la grazia. Non lasciatevi
sfuggire l’occasione di servire gli altri, parlate sommessamente
e dolcemente, rispettate i vostri insegnanti e tutti gli anziani,
studiate al meglio delle vostre capacità e non sprecate un solo
istante in chiacchiere oziose o passatempi. Ecco il messaggio che
oggi vi lascio!
[8] Cari figlioli, incarnazioni della purezza e della santità, sono lieto
di potervi incontrare ancora e di trascorrere con voi qualche
ora. Poco fa Bhagavantham ha detto che oggi è il Mio compleanno
poiché è lunedì del mese di kārtika (ottobre-novembre) secondo il
calendario indù. A Puttaparti e altrove, le celebrazioni si svolgono
il 23 novembre, ovvero secondo il calendario inglese, ma Bhagavantham
ha detto che dovete rallegrarvi di questa coincidenza.
Quattro giorni sono detti fortunati, e bisogna congratularsi con chi
ha una tale fortuna. Il primo è il giorno in cui fratelli e sorelle,
amici e parenti si riuniscono per una festa familiare per la gioia di
tutti. Il secondo è quando si ha l’occasione di distribuire cibo a chi
ha fame, agli indigenti e ai disabili che non sono in grado di guadagnarsi
da vivere. Il terzo è quando si trova l’atmosfera e l’opportunità
di meditare su Dio. Il quarto è il giorno in cui un saggio
arriva da noi per istruirci e ispirarci verso la più alta vita dello spirito.
Questi giorni donano gioia alla mente e ci insegnano a superare
gli ostacoli lungo la strada della realizzazione di Dio. Voi avete
oggi la grande fortuna di trovarvi alla Presenza Divina, il più
prezioso dono che l’uomo possa ottenere.
[9] Occasioni e circostanze vi hanno condotti in questo riformatorio,
ma non scoraggiatevi: gli altri che si considerano liberi sono
anch’essi in prigione poiché il mondo è un’immensa casa di corre-
zione. Quando un prigioniero viene trasferito da un carcere a un
altro, per esempio da Rājamundry a Wārangal, ha due poliziotti al
fianco, non è vero? Ad ogni suo movimento, questi lo seguono, e
quando potrà muoversi senza di loro, tutto solo, allora sarà libero.
Tutti hanno sempre due poliziotti vicino, i quali rappresentano la
sentenza di carcerazione: il sentimento egoistico o senso dell’«io»
e l’orgoglio del possesso.
L’uomo sarà prigioniero dei suoi sensi finché questi due ‘poliziotti’
lo tengono sotto controllo. Egli si smarrisce nella sofferenza
perché perde il senso dei valori e rincorre cose passeggere e banali.
Ignora la voce di Dio che lo avverte e lo guida da dentro, così
finisce per pagare lo scotto delle sue trasgressioni. La vita non deve
essere votata solo a mangiare e a bere o al semplice appagamento
dei desideri dei sensi; essa va dedicata al raggiungimento
della beatitudine che solo Dio può conferire. Certo, preoccupazioni
e paure ci saranno sempre lungo la strada che dalla nascita vi
porta alla morte, ma potrete liberarvi di entrambe purché abbiate,
come Dispensatore di Luce, il Nome Sai Rām. Almeno d’ora in
avanti, cari figlioli, recitate il Nome e avrete pace e gioia. Non
preoccupatevi degli ostacoli che potreste incontrare: il Nome
aprirà la strada.
Le gopī di Bṛndavan venivano rimproverate e punite dai genitori,
dai suoceri e perfino dai mariti per il loro attaccamento al Nome
di Kṛṣṇa, ma esse avevano quel Nome stampato nel cuore, proprio
come le figure dei libri che leggete, e non riuscivano a toglierlo,
proprio come voi non riuscireste a togliere una figura dalla carta!
Quando avrete il Nome nel cuore e sulla lingua, non potrete mai
smarrirvi, le vostre mani saranno pulite, gli occhi luminosi, il vostro
volto splenderà di coraggio e sicurezza.
[10] L’uomo è stato dotato della capacità di distinguere il bene dal
male per sé, per la famiglia nella quale è nato e verso la quale è in
obbligo per essere stato cresciuto da bimbo indifeso ad adulto, per
il villaggio ove vide la luce, per la nazione che gli diede quel ricco
patrimonio culturale, e infine per l’umanità della quale è un importante,
prezioso membro.
Ogni cultura possiede un insieme di consuetudini e convenzioni
prescritte dai saggi per mantenere la pace e la prosperità della
comunità; esse sono verificate nel crogiolo dell’esperienza e vengono
indicate collettivamente con la parola dharma oppure sono
chiamate ‘etica’. Agire in contrasto con esse significa infrangere le
regole che legano l’uomo all’uomo e l’uomo a Dio. Se non siete
cresciuti abbastanza e non avete capito quanto duro sia lavorare e
guadagnare i frutti del lavoro, vi appare facile impossessarvi del
libro, della penna o del denaro di un altro ed esserne soddisfatti.
Tale tendenza vi causa dei guai e vi porta in questo posto. Resistete
alla tentazione, siate forti; dite a voi stessi che è sbagliato, che
recherà disonore ai vostri genitori, alla vostra famiglia, al vostro
villaggio, al Paese e alla sua antica cultura. Se ritenete di dover
avere qualcosa per essere felici, pregate Dio: “Dio, Tu hai la responsabilità
di mantenermi sano, felice, buono e intelligente;
dammi quella cosa che io considero necessaria alla mia felicità ma,
se pensi che sia sbagliata, dammi qualsiasi cosa Tu pensi vada bene
per me.” Dio non verrà mai meno ai propri obblighi; Egli vi nutrirà
e vi sosterrà.
Un giorno, un asceta rinunciante stava recandosi nella foresta per
compiere le austerità per ottenere la grazia di Dio. Vide una mucca
condotta da un contadino e notò che perdeva delle gocce di latte
dalla mammella; ne domandò il motivo e la risposta fu: “È
prossima a partorire, e quello è un segno: il latte è già pronto in
modo che il vitello possa berlo subito, appena nato.” L’asceta
comprese allora che Dio avrebbe dato anche a lui, ovunque fosse,
quello che più era necessario al suo progresso. ‘Egli sa cosa sia
meglio, sa tutto, Egli è la compassione stessa,’ pensò! Così ritornò
sui suoi passi e si accontentò di pregare e contemplare costantemente
Dio come Provvidenza.
[11] Abbiate pazienza, non cadete nell’errore e in atti iniqui per la
fretta di godere gioie di poco valore. Abbiate fede che Dio vi darà
tutte le gioie che desiderate e meritate.
La gente chiede favori ad altri, stende la mano e implora: “dehi,
dammi!” Ma Dehi significa anche ‘Colui che risiede nel deha, nel
corpo’, cioè Dio. Dunque, non umiliate quel Dehi implorando dehi
[dammi] davanti agli altri. Chiedete a Lui, dite ‘dehi al Dehi’; Egli
vi risponderà amabilmente e generosamente.
Il cibo ottenuto con mezzi illeciti e abiti procurati con l’inganno vi
porteranno solo del male; non pensate che l’agiatezza e le comodità
siano le cose principali della vita. Delusione, malattia, sofferenza
sono il destino di tutti, ricchi e poveri, colti e illetterati, giovani
e vecchi; questa è la sorte che tocca a tutti. Non fate che i vostri
cuori puri, immacolati vengano lordati dalla falsità e dal male;
non insudiciate la lingua usandola per pronunciare parole sporche.
Pronunciate il Nome di Dio: il suo effetto è come quello di
una scintilla che può ridurre in cenere un gran mucchio di cotone.
Tutti i pensieri cattivi e i progetti malvagi si dissolvono come nebbia
al sole, quando il Nome di Dio viene ricordato sinceramente.
Non appena tornerete ai vostri villaggi, aderite all’associazione di
servizio più vicina e partecipate alle attività di servizio, trascorrete
i vostri giorni in compagnia di persone buone e virtuose, affinché
diveniate dei figli buoni e utili per la vostra patria.
Dio è il rifugio dei disperati. Oggi sono venuti da Me alcuni devoti
per chiedermi insistentemente di stare un po’ di tempo con loro,
ma Io invece ho risposto alla vostra chiamata; sono rimasto qui
con voi più di un’ora e mezza, ma non sono soddisfatto. Mi spiace
che per raggiungere questo posto ci sia voluto così tanto tempo,
che invece avrei potuto trascorrere con voi. Siete fortunati a trattenermi
così a lungo con voi.
Ricordate le direttive che vi ho dato e cominciate la pratica della
recitazione del Nome di Dio proprio da questo preciso istante.

Hyderabad, Carcere minorile, aprile 1973