4 Febbraio 1973 – Il frutto e la pianta

4 febbraio 1973

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Il frutto e la pianta

[1] L’India è il più antico centro di civiltà che sia riuscito oggi a
sopravvivere mantenendo intatto il suo patrimonio culturale ma, a
causa di un falso senso dei valori, sia i giovani sia i capi della nazione
ignorano le tradizioni di questa grande e nobile cultura per
adottare l’ideologia dell’Occidente; di conseguenza, essi s’identificano
con il proprio corpo, consumano tutte le loro energie e capacità
per soddisfare i suoi bisogni e capricci, e ritengono che il
mondo materiale sia il solo campo di studio e di ricerca. Pertanto,
sia qui sia nei Paesi occidentali più progrediti, i risultati che ne derivano
sono gli stessi: paura, ansia, violenza, corruzione, inquinamento.
Le comodità materiali, la carriera individuale e il progresso
personale sono considerati obiettivi desiderabili e ambiti.
Tuttavia, anche se uno dovesse dichiarare di essere interessato solo
a sé stesso, nessuno potrebbe vivere in isolamento.
Anche due persone che dormano nello stesso letto avranno sogni
diversi: ognuno ha una propria vita interiore, un percorso e tempi
propri; ma chiedete loro perché lavorino così tanto, che cosa abbiano
acquistato al mercato, o perché mai siano preoccupati. La
risposta sarà che stanno costruendo una casa per la famiglia, che
hanno acquistato dei vestiti per i figli, che sono preoccupati per la
moglie. Perciò, nessuno vive per sé stesso, bensì per quelli a cui è
attaccato, per i suoi cari.
[2] L’uomo è inesorabilmente obbligato ad adeguare le sue attività
e il suo modo di comportarsi a quello delle persone che lo circondano.
Ha dei genitori da riverire e obbedire, fratelli e sorelle da
amare e con i quali imparare, compagni di gioco con i quali associarsi,
una comunità da cui essere trasformato e da trasformare. I
suoi affetti, i suoi attaccamenti sono rivolti agli altri e le sue reazioni
sono determinate dagli altri.
Un uomo può essere seduto a tavola davanti al piatto nel quale è
servita la cena; ma se qualcuno entra di corsa per avvisarlo che
suo figlio è rimasto ferito in un incidente stradale, egli correrà fuori
senza avere più alcun interesse per la sua cena. La chiamata di
colui a cui è attaccato è più intensa, più forte di qualsiasi altra sollecitazione
interiore. Nonostante un’esperienza del genere, l’uomo
crede ancora nel proprio ego, nella sua esclusiva individualità.
La famiglia è essenziale per lo sviluppo della personalità umana;
come può crescere, imparare, parlare e progredire un bambino indifeso
senza una famiglia? La famiglia ha bisogno della comunità
per la sua sicurezza e gioia. Persino gli uccelli del bosco non possono
sostenere l’isolamento dai loro simili. L’uomo deve espandere
la sua conoscenza, le sue emozioni, la solidarietà, l’amore.
Espansione è vita, espansione è amore. Se la comunità o società,
che è fonte di sostegno e di protezione s’indebolisce, anche la famiglia
tende a disgregarsi e l’individuo ne soffre.
La realizzazione individuale, che trova coronamento nella gioia
della liberazione, è senza dubbio frutto dell’albero dell’umanità:
ma se voi aspirate al frutto, non potete trascurare le radici, il tronco,
i rami, le foglie, le gemme e i fiori dell’albero; tutti questi concorrono
alla maturazione del frutto e alla sua dolcezza.
[3] Quando il Pakistan ha invaso l’India lo scorso anno, il suo
esercito non ha attaccato la città di Madras, ma voi non siete forse
corsi a dargli una bella lezione? L’attaccamento alla nazione, l’affetto
per la lingua, il rispetto per la religione e la fedeltà alla società
sono valori essenziali, sono aspetti dell’irresistibile senso di gratitudine
che si prova per tutto quello che ha contribuito alla formazione
individuale. Ognuno di questi aspetti non deve entrare
in conflitto con gli altri, bensì deve alimentarli e sostenerli, infatti
tutti questi valori insieme sono veramente encomiabili.
Il patriottismo stimola l’uomo a comprendere gli ideali del passato
e gli insegnamenti dei suoi antenati, che si basano sulle loro esperienze
più profonde; il patriottismo lo sollecita a vivere per quei
valori e a fare esperienza diretta seguendo la via tracciata dai saggi
del suo Paese. Tuttavia in India ci sono molti che si definiscono
patrioti anche se ignorano o danneggiano quei valori e deridono
quelle esperienze e quelle vie. Seguire le proprie attrazioni e avversioni
è deleterio per l’individuo come pure per la società, e comunque
dannoso per la cultura del Paese.
Quando una mano viene amputata, la sofferenza non si limita solo
a quell’arto: una gran quantità di sangue fuoriesce anche dal resto
del corpo che ne resta indebolito e spossato. Analogamente,
quando uno si separa dalla società o dalla nazione e imbocca una
strada estranea alla cultura e alla tradizione del Paese, non solo ne
perde il sostegno, ma reca danno anche alla nazione stessa.
[4] Il mondo è una grande società di cui ogni individuo è parte;
egli è legato alla società dall’amore che attira l’uomo verso l’altro
uomo e li rende parenti e amici. Questo amore è lì, nel profondo
del cuore di ogni uomo, ma non viene riconosciuto, è ignorato,
messo in dubbio, negato, dibattuto. L’amore è la sorgente segreta
di tutte le forme di solidarietà e di servizio, e crea il forte desiderio
di vivere nella società e per la società. È l’Amore Cosmico che fluisce
da una scintilla del Divino a tutte le scintille. Quando gli occhi
brillano per la luce di jñāna, la suprema saggezza, essi vedranno
tutto come Uno; allora l’uomo realizzerà che tutto ciò che appare
come mutevole, in continua trasformazione e movimento, è pervaso
dal Brahman. Per avere la rivelazione dell’Uno nei ‘molti’,
occorre sviluppare la fede e disciplinare la mente ad abbandonare
le sue fantasie e le sue manie: occorre conoscere e fare esperienza
della Verità.
Imparare le cose a memoria vi causerà solo un gran mal di testa;
apprendere versi e inni vi aiuterà soltanto a non fare cose peggiori
in quell’arco di tempo, ma non vi porterà neanche un centimetro
può vicino alla meta. Come può la conoscenza di una mappa essere
paragonata alla gioia del viaggio?
[5] La fede è un pregio, un bene individuale da acquisire e preservare
grazie ai propri sforzi. Il saggio Tamil Mānikkavasagar era
solito dire: “Tu hai la libertà di dire «No»; ma io ho il diritto di dire
«Sì».” Con questo intendeva che negare o asserire una certa cosa
viene determinato dalla propria esperienza; come si può mettere
in dubbio l’esperienza di un altro?
“Dio può non esistere all’orizzonte della tua esperienza, ma al mio
è già sorto” – dice il credente all’ateo. L’ora indicata dall’orologio
che uno ha al polso è per lui quella esatta e lo afferma, anche se
altri possono non essere d’accordo. Pertanto abbiate fede, non
permettete che la vostra fede vacilli per il solo fatto che qualcun
altro non ne ha.
Finché non realizzerete di essere divini, che Dio è la vostra essenza
e la vostra Realtà, dovrete subire tutte queste ‘entrate e uscite’.
Lo stesso giornale non va letto e riletto giorno dopo giorno; analogamente,
una vita deve bastare per conoscere il suo mistero; almeno
rendetevi conto che c’è un mistero, quindi cercate il segreto
e svelatelo.
[6] Rāmakṛṣṇa piangeva angosciato se passava un altro giorno
senza avere avuto la visione della Madre Divina; abbiate quell’anelito,
quel senso d’impellenza, cercate ora di conoscere, agognate
quell’estasi ora. Non ritardate, non perdete tempo a discutere
con altri. Cercare di soddisfare i sensi è come percorrere un sentiero
in un deserto desolato. Non imitate le altre nazioni, non gareggiate
in ostentazione con le altre culture. Voi avete una mente,
un’intelligenza, occhi e orecchi formati dalla tradizione e dalla cultura
indiana, dalla storia indiana e dal sanātana dharma1. Muovetevi
quindi secondo queste linee e il successo sarà certo.
Potreste avere davanti a voi una foto di Sai Baba, un’immagine di
metallo o un idolo di pietra, ma se avete fede che Egli sia vivo e
presente in quelle raffigurazioni, che sia nel vostro cuore come nel
cuore di tutti gli esseri, allora proverete l’estasi di quella conoscenza,
consapevoli che Egli è onnipresente, onnisciente e onnipotente.
[7] Durante la meditazione, immaginate dapprima che siete nella
luce, poi gradualmente sentirete che la luce è in voi, non fuori di
voi; alla fine realizzerete la verità che voi e la luce siete Uno e che
lo sarete sempre.
Il Divino è come un vino capace d’inebriarvi, prodotto con il nettare
di cui è saturo il Nome del Signore. Assaggiatelo e dimenticherete
tutto il resto: sarete trasformati. Si dice che l’uomo sia una
scimmia senza la coda, ma deve perdere ancora molti altri attributi
della scimmia prima di avere il diritto di definirsi ‘uomo’.
Deve dedicare i pensieri, le parole e le azioni a Dio e abbandonarsi
alla Sua Volontà. Solo allora l’animale acquisirà il diritto di diventare
uomo, nel quale il Divino è segretamente custodito.

Madras, 04.02.1973