[1] Vyâsa adempì il gran compito di rivelare a Nara, l’uomo, il Nârâyanatattva (Natura essenziale di Dio). Egli diede all’uomo la chiave, che svelò il mistero di Dio. Una tale missione può essere attuata solo da chi è nato con un incarico Divino; ecco perché Vyâsa è chiamato Vyâso Nârâyano Harih (Vyâsa è Nârâyana stesso, egli è Hari). Descrisse la gloria del Signore per mezzo della Bhâgavata, del Mahâbhârata e dei Purâna. Inoltre sviluppò elaborazioni sui misteri delle Incarnazioni Divine. Come un apparecchio radio ci permette di cogliere una melodia dall’aria, Vyâsa ci permise di cogliere lo splendore di Dio, che è immanente ovunque. Vyâsa è chiamato l’Âdiguru, perché fu il primo ed il preminente fra le guide spirituali in India e nel mondo. E’ chiamato anche Lokaguru (Maestro del mondo) in onore al ruolo da lui svolto.
[2] Ogni missione richiede un elemento traente: potete avere la lampada, l’olio e lo stoppino, ma ci vuole qualcuno che lo accenda; potete avere fiori e filo, ma è necessaria una mano esperta, che li annodi insieme in una ghirlanda o ne faccia un bouquet; potete avere sia l’oro sia il desiderio di gioielli, ma un artigiano esperto deve dare forma all’ornamento desiderato; potete avere l’istruzione e l’anelito, ma un Guru deve fornire la risposta alle domande, che vi tormentano ed illuminarvi.
[3] La vita è una lunga ghirlanda di fiori, alcuni belli ed altri appassiti, fragranti o inodori; rappresentano il buono ed il cattivo della vita. Della ghirlanda l’uomo riconosce solo i fiori, è soddisfatto di alcuni, ma è scontento della maggior parte di essi; egli non vede il filo che li lega insieme, il Brahmasûtra, il Principio Divino permanente ed immutabile, che da stabilità a tutti i fiori, la cui vita è fugace. Proprio come un passerotto vola verso un caldo riparo durante una tempesta, così l’uomo deve rifugiarsi nel Principio Divino per sfuggire alle tempeste della vita. Egli sarà accolto dal Divino, solo se – come asserì Gesù – diventa bambino. “Lasciate che i fanciulli vengano a me” – disse. I bambini non hanno forti desideri da rincorrere o passioni incontrollabili, quali l’odio e l’avidità, sono perciò incarnazioni della Pace.
[4] Quando i bimbi crescono, egoismo, orgoglio, invidia, malizia, odio ed ira cominciano a dominarli ed essi vengono sopraffatti dall’ansia e dalla paura; è necessario, quindi, ritrovare gli anni della fanciullezza per avere pace. La disciplina spirituale può effettuare una simile trasformazione, che sembrerebbe apparentemente impossibile. Naturalmente la serpe interiore non morirà, anche se prendete a legnate la tana, in cui vive. Dovrete rinunciare al sonno, al riposo ed al cibo, vale a dire accontentarvi di ciò che viene, e seguire la disciplina prescritta. Solo in tal caso potrete conoscere voi stessi e capire che siete uno con l’Universo. Questo è il Nârâyanatattva presente nell’uomo; è proprio quel Tattvam (Principio di Realtà) che v’incita alla riscoperta, per mezzo delle regole prescritte da Vyâsa e da altri che vennero dopo di lui.
[5] Le attività dell’uomo fanno infuriare e sibilare il cobra mortale (desiderio sensuale), che se ne sta arrotolato nella tana (mente); l’uomo non conosce l’arte d’incantarlo, non sa giocare con lui per ridurlo ad un docile trastullo. Avrete visto l’incantatore che con il piffero suona una melodia, che soggioga il cobra; cantate il Nome di Dio e la Sua Gloria ed il cobra dell’avidità sensuale diverrà innocuo. Ecco perché la Bhâgavata da importanza alla devozione, al canto ed alla ripetizione del Nome.
[6] Se diventate daksha (esperti) in anapeksha (assenza di desideri), potete fondervi nello Shivatattvam (Principio Divino); non come il famoso Daksha, il quale intraprese un gran sacrificio rituale, avendo apeksha (bramosia dei frutti). Egli perse così lo Shivatattvam, pur essendo diventato parente di Shiva stesso. Prema, il puro Amore, che è l’essenza della devozione, si basa sull’assenza dei desideri; se si desiderano i frutti dell’azione è come fare un baratto ed il puro Amore, scevro da interessi grossolani, è totalmente assente. Potete avere padronanza di tutti i testi composti da Vyâsa, la Bhâgavata, il Mahâbhârata, i Purâna e il Brahmasûtra, ma, se non sgorga Amore dal vostro cuore, non potete sperare di entrare in contatto con Premasvarûpa, il Signore, Incarnazione del Divino Amore.
[7] Le onde radio portano il suono dei programmi ovunque attraverso l’etere; sia voci d’odio, invidia, malizia, scandalo e fazione, che infettano l’atmosfera attorno al mondo; sia voci d’amore, compassione, comprensione, stima ed ammirazione, che la riempiono d’armonia. E’ dovere di tutti tenere l’atmosfera pulita e sana mediante pensieri e parole buone. Chi non possiede questa dote basilare per la liberazione è come una ruota senza mozzo, siero senza burro, cielo notturno senza luna, o come una donna senza il sindhura (il punto rosso sulla fronte).
[8] Per conferire all’uomo la Saggezza suprema, Dio – nella sua infinita misericordia – discende come uomo, per evitare che l’umanità si degradi al livello animale. Finché l’uomo non imparerà ad arrendere il suo ego al Signore, in piena soddisfazione, completa sincerità e senza riserve, non potrà realizzarLo, sebbene Egli risieda nel suo cuore. Lo struggimento che invade il ricercatore pentito indurrà il Signore a manifestarsi. Nell’estasi di quel momento l’uomo sperimenterà l’unità: “Io sono Te; Tu sei Me”.
[9] Non è gran conquista guadagnarsi due pasti al giorno ed un tetto sopra la testa. La vera conquista, di cui ci si può rallegrare, è la vittoria sui sei demoni che si sono accampati nella mente dell’uomo: lussuria, ira, avidità, attaccamento, orgoglio e malizia. Se compirete buone azioni, cercherete la compagnia dei buoni, immergerete le vostre menti in pensieri buoni, i sei demoni non potranno sopravvivere in voi.
[10] Vyâsa ordinò i Veda in quattro sezioni. Il fiore dell’albero vedico è il Vedânta (l’essenza conclusiva) ed il suo frutto è la beatitudine. Per riconoscere il frutto, desiderare di assaporarlo, e scoprire i mezzi per ottenerlo, la mente deve essere addestrata e disciplinata, poiché è uno strumento estroverso. Quando essa fugge nelle reti del mondo esteriore, non accompagnatela, lasciatela andare da sola. Osservatela mentre combatte e soffre; non attaccatevi ad essa. Sicuramente farà ritorno, castigata e purificata. Simile disciplina spirituale eserciterà un efficace controllo sulla mente e la renderà uno strumento non di schiavitù, ma di liberazione.
[11] Il Tridente nelle mani di Shiva simboleggia il distacco, la devozione e la Saggezza Suprema. Sviluppate la Saggezza per mezzo del distacco e della devozione; allora potrete identificarvi con Shiva-svarûpa (Incarnazione di Shiva). La mente deve sciogliersi nel Fuoco della Saggezza, affinché possa manifestare l’essenziale natura di Shiva. Râmakrishna conseguì proprio ciò e mediante un’intensa disciplina spirituale, trasformò se stesso in una preziosa gemma. Raidas divenne immortale poiché, essendo solito usare il punteruolo per cucire i sandali, ad ogni punto dato ripeteva il Nome del Signore Krishna.
[12] Forza muscolare, meccanica, potere politico, militare, scientifico sono tutti inutili, se paragonati al potere della Grazia. Non chiedete doni effimeri, pregate che vi faccia la Grazia di darvi ciò che più vi serve. Lasciate che sia Lui a scegliere la natura del regalo; può essere buona fortuna o sventura, dolore o gioia, disonore o sconfitta. Lasciate a Lui la scelta, che sa cosa è meglio. Dedicate voi stessi a Dio; questo è il significato dell’ingiunzione del Signore nella Gîtâ: “Mâmekam sharanam vraja” – arrendersi alla Sua volontà è l’unico dovere ed il solo compito da adempiere. In tal caso, Egli vi assicura che nessun male potrà colpirvi – “Mâ sûchah” – non soffrirete, Egli afferma. Ciò non significa che Dio sia ansioso che tutta l’umanità cada ai Suoi Piedi; l’uomo deve purificare la mente ed adorare il Grandioso, Glorioso, Supremo ed Universale; deve fondere la sua volontà nella Volontà Divina, vale a dire abbandonare se stesso. Quell’Universale Grandiosità è Nârâyana stesso; Vyâsa rivelò il Principio Divino, in tutta la Sua Gloria, nelle pagine della Bhâgavata ed il mondo deve essergliene grato per sempre.
[13] Scegliete Râma, non Kâma (desiderio); meditate su ciò e traetene gioia. Praticate la meditazione seguendo un orario stabilito, finché supererete la necessità di ricordarvi dell’ora e avrete perso coscienza di essere in meditazione. Recitate la Gâyatrî o un altro mantra d’analoga grandezza, prestando attenzione al suo significato e valore. Oppure concentratevi sul Nome e sulla sua aura di gloria. Il suono delle sillabe possiede proprietà curative e risananti. Ecco perché simili formule furono tramandate dai Saggi.
[14] Potete anche dedicare le vostre abilità e capacità al servizio dell’uomo, considerandolo l’incarnazione di Dio. Ogniqualvolta servite il prossimo, alleviandolo dall’angoscia, ricordate che state lenendo il vostro dolore. Un giorno una mucca affondò in un pantano ed impaurita si dibatteva disperatamente, mentre un gruppo d’oziosi si divertiva ad osservare i suoi vani sforzi. Un monaco, che passava di lì, vide lo sventurato animale; si tolse camicia e copricapo e saltò nell’acquitrino, aiutando così la mucca a risalire verso la riva, nonostante i calci e il suo frenetico agitarsi. La gente rise del suo coraggio e della sua forza da sollevatore di pesi e qualcuno gli chiese: “Perché non hai proseguito per la tua strada?” Il monaco replicò: “Vedere l’angoscia di quell’animale mi ha ferito il cuore e non sono riuscito a fare un altro passo avanti; dovevo liberarmi di quel dolore nel cuore; ho agito così per salvare me stesso, non tanto per salvare la mucca.” Quando servite, servite voi stessi, vi fate invece del male quando vi compiacete del male, che avete inflitto ad un altro. Non esiste un altro! Solo chi ha raggiunto un simile stadio di progresso spirituale, può permettersi di dare consigli a proposito del servizio. Voi credete che Dio protegga i buoni dal male e punisca i cattivi: ciò non è esatto. La bontà protegge i buoni, mentre la cattiveria punisce i cattivi. Dio è il Testimone.
[15] Il cuore dell’uomo deve essere trasformato in uno strumento fresco, amabile e piacevole come il chiarore lunare; ecco perché il giorno di luna piena è particolarmente adatto per esprimere gratitudine a Vyâsa, che rivelò all’uomo la chiave per controllare le bizzarrie della mente mediante la devozione, la dedizione e la concentrazione sulla magnificenza di Dio, Onnipresente ed Onnisciente.
[16] Se avete attaccamento agli oggetti dei sensi, non sarete mai esenti da malattia. Soltanto la rinuncia può darvi autentica gioia. Ciò non significa che potrete sfuggire al mondo, non vi sarà mai possibile farlo, esso sarà sempre con voi. In un simile mondo di Ashânti, confusione ed agitazione, dovete conquistare Prashânti, Pace Suprema. Per aiutarvi nel processo e per rendervi consapevoli della distanza percorsa, il Signore può sottoporvi ad alcuni esami; dovete accoglierli di buon grado, come opportunità per dimostrare i vostri progressi ed ottenere credito ed apprezzamento. Non contrariatevi. Gli studenti dovrebbero richiedere delle prove, per poter valutare il livello raggiunto; non dovrebbero protestare o fuggire. Sulle fondamenta della fede innalzate i quattro pilastri di Sathya, Dharma, Shânti e Prema, e su quelli costruite la dimora della vostra vita terrena. Ecco il più ricco tesoro che potete guadagnarvi qui.
(Prashânti Nilayam, 23 Maggio 1967.)