Discorsi Divini
26 Novembre 1962 – Dio ed il dolore
26 Novembre 1962
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Dio ed il dolore
[1] Molte cose sono accadute da quando vi siete radunati qui questo pomeriggio. Il programma è cominciato con le storie popolari sulle nozze di Pārvatī narrate dalle studentesse della Scuola Superiore di Sadhuvamma ed è terminato con le nozze di Krishna descritte da Virabhadra Shāstri. A metà pomeriggio, Ganapathi Shāstri vi ha parlato dell’origine e del significato dell’eterno ordine sociale come è descritto nei Veda e nelle Scritture. Delle tante plausibili interpretazioni di questi testi sacri, voi siete inclini ad accettare quelle che soddisfano i vostri stessi pregiudizi, quindi è essenziale ascoltare questi pandit che conoscono il significato autentico e che non deviano da esso solo per rendere più accattivante l’esposizione. L’ascolto di questi discorsi non dovrebbe esaurirsi con la sola audizione; fatela seguire dalla riflessione. Lo stesso vale per il discorso sul Bhāgavata: meditate su di esso fra le quattro mura della vostra stanza di preghiera, seduti di fronte all’altare mentre offrite questo atto come adorazione. Non considerate il Bhāgavata un capitolo di storia antica; potete sperimentarne l’emozione ora, oggi e sempre. Il Bhāgavata è valido per sempre, per l’elevazione delle emozioni umane in tutti i climi e luoghi. I Veda con i loro riti carichi di significato e la loro filosofia profondissima sono anch’essi validi in ogni tempo. Un giorno qualcuno decise di venerare la cosa più grande. Prese in considerazione la terra, ma vide che il mare la erodeva, e poi anche il mare non era così grande dato che il saggio Agastya era stato capace di berlo tutto. Agastya è ora una piccola stella nel cielo sconfinato; anche il cielo era sufficiente solo ad accogliere un piede di Vāmana, l’Avatār nano del Si gnore Vishnu e, infine, il Signore è custodito nel cuore del devoto. A questo punto, quell’uomo concluse che il devoto è il più grande di tutti!
[2] La devozione non conosce casta; essa salva e nobilita tutti. Secondo i Veda, le caste non contemplano superiorità o inferiorità. Una bambola di zucchero è sempre e solo zucchero. L’inno del Purusha Sūkta descrive le quattro caste come provenienti da quattro parti del Suo corpo. Il significato è che tutte sono di eguale dignità ed importanza. La bocca non può camminare così come il piede non può parlare. È la voce che si fa ubbidire ed è il braccio che protegge. Bene, tutti quelli che percepiscono che combattere è il loro giusto dovere sono degli Kshatriya (guerrieri); tutti quelli che considerano lo studio dei Veda e delle Scritture come un loro dovere sono Bramini, e non quelli che si ritengono tali per diritto! Ieri mi sono rivolto specialmente agli uomini; oggi quindi mi rivolgerò in particolare alle donne. Molte di voi si disperano e si avviliscono tanto da rammaricarsi della propria nascita e desiderare la morte. Questo non va bene. Non potete eludere la vostra responsabilità a metà del compito che vi è stato assegnato. È un segno di debolezza e codardia. Pensate per un momento se i ricchi sono felici, se lo sono i potenti e le persone altamente istruite, oppure se sono più felici i furbi. Scoprirete che nessuno è felice. Se desiderate essere felici, deve accadere una di queste due cose: o tutti i vostri desideri si devono avverare o non dovete nutrire alcun desiderio. Di queste due possibilità, la seconda è la più semplice.
[3] Accettate tutte le tribolazioni che vi si presentano come delle prove e delle opportunità per apprendere il distacco. È l’estate torrida che vi porta ad accendere il condizionatore. La sofferenza vi porta a Dio. Quando un bimbo muore, domandatevi: “Era forse nato per me?” Egli aveva il suo destino da compiere, la sua storia da vivere. Il padre di Gautama Buddha era talmente sopraffatto dal dolore quando vide suo figlio in strada con la ciotola del mendicante in mano che gli disse: “Ogni mio antenato è stato un re: che disgrazia è mai questa, veder nascere in tale lignaggio un mendicante?” Il Buddha rispose: “Ogni mio antenato aveva una ciotola da mendicante; non conosco nessun re nella mia stirpe.” Il padre ed il figlio percorrevano sentieri differenti, viaggiavano lungo vie divergenti. Il sangue del figlio può rivelarsi fatale se trasfuso al padre. Un altro punto: dovete tutti diventare più regolari e stabili nella vostra pratica spirituale e dominare la propensione alle chiacchiere vane ed alle curiosità oziose. Seguite la disciplina prescritta per Prashānti Nilayam e siate d’esempio ai nuovi arrivati. Questo vale anche per gli uomini.
[4] Avrete notato che non mi rivolgo a voi chiamandovi ‘Bhaktulara’ – ‘Cari devoti’. La ragione è che per guadagnarvi l’appellativo di devoti dovete avere spirito di dedizione, una fede irremovibile e dovete seguire una disciplina costante. Quando il Nirguna Nirākāra [il Divino privo di attributi e di forma] è qui presente come Saguna Sākāra [dotato di attributi e di forma], dovete utilizzare ogni momento per guadagnarvi la Sua grazia. Voi non realizzate la vostra fortuna straordinaria. Negli anni a venire, la gente vi riverirà poiché avete avuto l’opportunità che milioni di persone non hanno potuto ottenere; venereranno le vostre fotografie sugli altari! Vivete ed amate in modo da meritare quell’onore.
Prashānti Nilayam, 26.11.1962
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications