26 Aprile 1998 – Nel vostro cuore mettete la Divinità

26 Aprile 1998

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

NEL VOSTRO CUORE METTETE LA DIVINITA’

(Swami canta:)

In questo mondo apparente, percepito dai nostri sensi,
soggiace la Conoscenza latente e immanente:
essa è il Principio atmico.
Esattamente come il filo unisce
tutte le pietre preziose per farne una collana,
così il principio della Divinità permea tutto l’universo
sotto forma di Coscienza luminosa e fulgida.

Mamaivâmsho jîvaloke jîvabhûta sanâtanah

Tutti gli esseri sono scintille della Divinità.

La Bhagavad Gîtâ ha instaurato un ideale di portata univesale dichiarando che tutti gli esseri sono scintille della Divinità. Questa verità non è compresa dagli aspiranti spirituali; essi non ne hanno fiducia e non ci credono. È per questo che devono sostenere molte difficoltà, preoccupazioni e ansie. In tutta franchezza, se vi considerate scintille della Divinità, che è eterna, senza nascita e immortale, da dove può derivare la causa della sofferenza? In Dio non esiste tristezza. Dio non è mai ansioso. Siccome voi siete scintille della Divinità, dove attingete la possibilità di soffrire e preoccuparvi?

Sì, ogni creatura è certo una scintilla di Dio, ma questa verità non è capita e la gente si lascia travolgere dall’apparenza di questo mondo effimero e fugace, abbassandosi a livello animale e manifestando un temperamento bestiale. Ecco perché si soffre e si versano lacrime.

Di fatto, gli uomini hanno il cuore colmo di tendenze negative, di inclinazioni bestiali e con una natura instabile, non pieno quindi di Divinità nel vero senso della parola. Che interesse hanno a leggere la Bhagavad Gîtâ se non mettono in pratica il contenuto dei testi sacri, se non lo applicano nella vita quotidiana? Stando così le cose, a che può servire leggere tanto?

Un giorno Arjuna interrogò Krishna nel modo seguente: “Krishna, io Ti penso incessantemente; perché allora devo affrontare tante difficoltà? Perché questa guerra del Kurukshetra? Perché questi problemi famigliari? Perché lasci che sia oppresso da tanti tormenti?”

Krishna gli sorrise e rispose: “Arjuna, è vero che Mi hai invitato a sederMi sul tuo carro, ma si tratta di una posizione esteriore. Tu non Mi hai lasciato sedere nel tuo cuore. Il carro è uno yantra, uno strumento esteriore, mentre, nel tuo cuore, il Nome del Signore è un mantra, un potere interiore, una forza sacra. Io sono la vera personificazione del mantra, non dello yantra. Tu sei convinto di pensare a Me senza sosta; di fatto, tu applichi ciò che si chiama smaranam, il ricordo, la ripetizione del Nome divino, ma non anusmaranam, la costante contemplazione del Signore. Smaranam è determinato dal luogo, dallo spazio e anche da certe discipline. Anusmaranam è al di là del tempo, del luogo, delle circostanze e di qualunque considerazione. Quando tu segui il sentiero della costante contemplazione, sei in grado di sperimentare la Divinità. Allora, questo mondo di sofferenza si terrà lontano da te. Pensa a Me senza sosta, anche nel bel mezzo della battaglia. Se il tuo pensiero resta fisso su di Me, non dovrai mai soffrire”.

Arjuna replicò: “Maestro, io non sono che un semplice uomo. Ho delle responsabilità famigliari, una moglie e dei figli, devo governare il reame e compiere il mio dovere; come posso pensare a Te senza interruzione?”

Krishna gli disse: “Certamente, devi fare il tuo dovere senza trascurarlo; devi prenderti cura di tua moglie e dei tuoi figli. È necessario che ti assuma le responsabilità che Dio ti ha assegnato; ma fallo considerando il tuo compito come un dono di Dio. Se compi correttamente il tuo lavoro pensando a Dio, non dovrai mai affrontare alcuna difficoltà”.

Qui possiamo distinguere due sentieri spirituali: l’uno, apekshâ, è fisico, mondano; vale a dire che si compie il proprio dovere aspettando un risultato. L’altro è nirapeksha o upekshâ, vale a dire che non si aspetta alcun frutto dalla propria azione. Beninteso, ciò non vuole dire che, dall’azione, non si consideri alcun risultato. L’uomo evolve lungo questi due sentieri. Il sentiero apekshâ può essere definito mâraka, che significa “mortale”, mentre il sentiero nirapeksha è detto târaka, cioè “liberatore”.

Ecco un piccolo esempio: in una scuola, il direttore fa il suo lavoro. Tutti i beni, tutto il materiale che appartengono alla scuola sono sotto la sua giurisdizione di direttore. Egli ha un certo diritto di controllo sui mobili, sul materiale, sugli strumenti, sui macchinari, ecc. Tuttavia, quando questo direttore viene trasferito in un altro istituto, non pretenderà di tenere quel materiale. Non porterà nulla con sé, perché sa perfettamente che niente gli appartiene, che tutto appartiene al governo. Ne ha avuta la responsabilità nelle sue funzioni di direttore e se ne è preso cura vigilando in modo che nulla fosse danneggiato né rubato. Lascia dunque il posto gioiosamente, girando le spalle a tutto quel materiale scolastico. Egli non soffre, perché sa bene che niente gli appartiene.

Lo stesso direttore della scuola aveva in affitto un appartamento in un immobile del villaggio. Non appena viene trasferito, affitta una casa in un altro villaggio; impacchetta tutte le sue cose e le carica su un camion. Non porta con sé solo gli oggetti di valore, ma anche la scopa, il nastro adesivo e anche i suoi vecchi sandali usati. Perché? Perché il senso del possesso lo spinge a portare con sé tutti gli oggetti, anche i più insignificanti e inutili. Questo atteggiamento è mâraka, perché si manifesta attraverso gli attaccamenti.

Al contrario, l’atteggiamento del direttore, lasciando l’istituto, è târaka, perché esprime distacco liberatorio.

L’uomo dovrebbe vivere il tran tran quotidiano con la convinzione che nulla gli appartiene, che nulla è permanente. Finché sarete in vita, dovreste crearvi una buona reputazione e guadagnare la stima dei vostri famigliari. Compite il vostro dovere.

Però, con la testa piena di attaccamenti, voi siete continuamente preoccupati. Quanto tempo potrete vivere in questo modo? Per quanto tempo potrete vivere senza dire “basta”? Tutto ciò è un effetto dell’illusione.

Dunque, comprendiamo chiaramente il principio di târaka; Sperimentate il mondo in tutti i modi possibili, fatene tutto l’uso necessario; non c’è alcun male in ciò. Ma considerate sempre che niente vi appartiene. Tutto è proprietà di Dio. I doni di Dio dovrebbero essere sperimentati nella maniera giusta.

Noi viviamo e sperimentiamo questo mondo ordinario; benissimo! Ma non dovremmo provare troppo attaccamento verso chiunque o alcunché. Dovremmo semplicemente assolvere il nostro dovere. Conosceremo allora la Pace, nel vero senso del termine. Ma, appena ci muoviamo in senso contrario a quello della Pace, è molto evidente che i problemi e le preoccupazioni attraversano il nostro cammino e viviamo nell’agitazione.

Noi siamo in questo mondo e non ne possiamo scappare. Per tutto il tempo che viviamo in questo mondo, dovremmo fare le esperienze appropriate. Quando sperimentiamo le cose del mondo, possa non affiorare mai il sentimento di possesso!

Il mondo intero è proprietà di Dio. Tutta la materia Gli appartiene; tutti gli individui Gli appartengono. Il motivo è che: Mamaivâmsho jîvaloke jîvabhûta sanâtanah, “Tutti gli esseri sono scintille della Divinità”.

Abbiate la piena convinzione di questa verità e passate la vostra esistenza nel compimento del vostro dovere. L’uomo d’oggi trascorre il suo soggiorno terreno facendo delle cose con l’intenzione di trarne appagamento, ma prova insoddisfazione a tutti i livelli. Perché? Semplicemente perché non si accontenta delle condizioni messe a sua disposizione. L’uomo che è contento della sua condizione è un vero individuo.

Noi rimuginiamo pensieri del passato; ci preoccupiamo del futuro e, durante questo tempo, dimentichiamo completamente il presente. Ecco perché gli uomini vivono nell’agitazione.

Dio è l’incarnazione dell’Amore. Questo amore non si può acquisire se non attraverso l’Amore e non con l’avversione. L’Amore non conosce dubbi; questo Amore divino è disinteressato. Dove regna l’egoismo si instaura la paura. L’Amore non conosce la paura. L’Amore non teme nulla perché in esso non c’è la minima traccia d’egoismo. Infatti l’Amore non si aspetta ricompense. L’Amore è il frutto dell’Amore. Seguite questo sentiero dell’Amore. Avvalendovi di questo sentiero divino, libererete la vostra esistenza.

L’Amore è presente in ciascuno: non esiste alcun essere umano che ne sia privo. Non dovreste mai sperimentare questo amore in senso restrittivo e meschino, nell’egoismo. L’Amore divino dona, dona, dona e non riceve mai. Al contrario, l’amore mondano accetta e prende sempre, ma non dona mai. È in ciò che consiste la differenza fondamentale tra l’amore fisico e l’Amore spirituale. L’Amore spirituale, dona, dona, dona; l’amore fisico, mondano, egoista prende, prende, prende e basta.

Ma Io vi dico che voi non potete condurre tutta la vostra esistenza prendendo, ricevendo. In questa vita fisica, in questo soggiorno terreno, in questo mondo effimero, le cose vanno a doppio senso. Ciò vuol dire che voi dovete donare e ricevere. Dovreste ricevere da Dio e donare al mondo. Questo è il dovere primordiale di ogni individuo.

Ahimè, l’uomo d’oggi non segue assolutamente questa legge. In ogni luogo e in ogni circostanza, egli pretende di ricevere e tende la mano. Non c’è in lui la minima traccia di dono. Ecco perché è costretto a soffrire continuamente. Ricevere da Dio significa entrare nel campo dell’abbondanza. Al contrario, accettando le cose del mondo, ci si incammina verso l’indigenza.

Un giorno Buddha si fece questa domanda: “Chi è l’uomo più ricco a questo mondo? Pensavo che Mio padre, che è imperatore, fosse il più ricco, ma ciò è falso! Il più ricco del mondo è chi è più contento di ciò che ha. Chi è l’uomo più povero? Senza dubbio alcuno, è colui che ha più desideri!”

Quando limitiamo e riduciamo i nostri desideri, diventiamo idonei a ricevere l’Amore divino. Dovremmo dunque ridurre il nostro attaccamento egoistico e praticare il controllo sui desideri, fissare loro un limite. Seguendo questa disciplina arriveremo alla meta.

Ai nostri giorni, in materia di spiritualità, molte persone seguono una grande varietà di metodi.

Krishnamurty, il Presidente dello Stato del Tamil Nadu, pochi minuti fa ha menzionato, in modo particolare, il sacro ascolto e il canto delle lodi di Dio. In verità, benché siano state composte nei tempi antichi, le storie sacre possono sovente risvegliare dei dubbi nelle coscienze. Troviamo, per esempio, tanti Nomi come Brahmâ, Vishnu, Shiva. Chi è Vishnu? Chi è Shiva? Brahmâ, Vishnu e Shiva sono qualità interiori presenti in noi stessi. Non sono Divinità separate. Nessuno ha mai visto Brahmâ, Vishnu o Shiva sotto forma umana. Ascoltando queste storie, gli stranieri mettono in dubbio la validità della cultura indiana. In effetti, bisogna capire bene il senso corretto di questi Nomi.

La virtù della pietà, la qualità sattvica in noi, è Vishnu; la parte emotiva, la qualità rajasica, è Brahmâ; l’immobilità, la qualità tamasica, è Shiva (Maheshvara). Questo aspetto è espresso dalla passività e dall’eccesso di sonno. Dunque, Îshvara è presente in noi. Îshvara è anche chiamato Ardhanârîshvara (mezzo uomo – mezza donna). Si dice pure che ha gli occhi mezzo chiusi. Quando i nostri occhi sono spalancati, possiamo vedere il mondo e tutto ciò che si muove in esso, ma questa visione ci distrae. Se chiudiamo completamente gli occhi, rischiamo di addormentarci. Questo è il motivo per cui Îshvara tiene gli occhi mezzo chiusi in modo da non addormentarsi né vedere i movimenti del mondo. Egli mantiene la Sua concentrazione su un punto tra le due sopracciglia. Ci si può anche concentrare sulla punta del naso in modo da non assopirsi. Ecco il vero significato della meditazione.

Chi è Îshvara?

(Swami canta:)

Shiva è Colui che porta la Luna sulla testa,
Colui la cui capigliatura è annodata in cima al cranio.
Dai Suoi capelli scaturisce il Gange.
Il Suo collo e i Suoi polsi sono ornati da serpenti.
È così che il Signore Shiva è descritto.

Îshvara è Colui che assume una forma umana senza le caratteristiche degli umani. Egli è l’espressione della totale Compassione. Lo si chiama Lingam. Le Scritture dicono che cosa significa: il lingam è ciò che vi conduce alla meta e vi libera. È l’espressione del tamoguna, l’aspetto tamasico o distruttore.

Ora, chi è Vishnu? È il Conservatore, il Protettore. L’uomo è nato in questo mondo e deve affrontare numerosi ostacoli disseminati sul suo cammino. Dio lo sorveglia e si prende cura di lui. Vishnu aiuta dunque l’uomo e lo conduce sano e salvo fino alla meta.

Brahmâ, Vishnu e Shiva sono tutti e tre onnipresenti. Essi permeano tutto l’universo, si estendono all’infinito, si situano al di là del tempo.

Le forme mostrano differenti caratteristiche: Vishnu, per esempio, è rappresentato con in mano il disco (chakra) e la conchiglia. Che cosa significano questi simboli? Il disco esprime il tempo in movimento e la conchiglia evoca il suono primordiale. Dunque, il suono e il tempo sono controllati da Dio. Il suono proviene dal nostro ombelico che è il luogo della nascita di Brahmâ. Infatti Brahmâ significa “suono primordiale”. Il suono esteriore è Vishnu. Il silenzio è Îshvara;. infatti Egli è rappresentato in posizione seduta e in silenziosa meditazione. Tutti possono accorgersi dell’unità fra questi tre princìpi. Il suono, il tempo e l’energia sono sotto il controllo di Dio.

Shiva viene descritto con tre occhi, mentre brandisce il tridente, come postosi oltre i tre aspetti. La foglia con tre lobi rappresenta i tre occhi, i tre attributi, le tre dimensioni del tempo. Chi è questa Divinità? Shiva è solamente un Dio? In verità, in questo caso, sta a indicare le tre nature nascoste in noi stessi. L’uomo ha due occhi; può vedere il passato e il presente, ma Dio ha tre occhi perché vede il passato, il presente e il futuro. Ciò non vuole dire che Shiva abbia un terzo occhio in mezzo alla fronte come Lo si rappresenta nelle immagini. È un artifizio dell’immaginazione popolare che vela la vera caratteristica della Divinità. Infatti, con questo, si vuole dire che Dio si manifesta davanti a voi in una moltitudine di modi differenti.

L’individuo è Dio, Dio è l’individuo. Quando comprendiamo questa verità non abbiamo più alcun motivo di abbandonarci a pensieri negativi, a cattivi comportamenti, ad azioni nefaste. Molte persone sono perplesse e domandano: “Swami, Tu ci dici costantemente – Voi siete Dio, voi siete Dio! – Come è possibile ciò?”

Quando pensate “Io sono Dio”, che cosa succede? Appena pensiamo che siamo Dio, non può più affiorare alcun pensiero malvagio; non abbiamo altro che pensieri divini. Voi diventate ciò che pensate

Prendete al caso di Darwin; egli pensava senza interruzione al suo precettore e finì per diventare identico a lui. Il ladro Ratnâkara (più tardi chiamato Vâlmîki) pensava a Râma ed ebbe il viso illuminato del Suo splendore. Prahlâda non pensò costantemente che a Dio ed ebbe anch’egli il viso risplendente di Divinità. Voi diventate esattamente quello che pensate. Dunque, se pensate che siete delle incarnazioni di Dio, non vi svierete mai in azioni riprovevoli. Penserete: “Io sono Dio. È giusto, da parte mia, agire così? No! Quelle cose sono fatte da esseri malvagi. Io sono Dio, non posso compiere che gesti sacri, non posso pronunciare che parole sacre. Dovrei ascoltare i discorsi elevati ed escludere tutto il resto. Io dovrei incamminarmi sul sentiero della santità”.

Se rimanete coscienti della vostra vera natura e ve ne ricordate in ogni momento, la fede si radicherà in voi. Al contrario, se pensate che Dio e voi siete separati, non riuscirete mai a immergervi nella Divinità. Dio non è assolutamente separato da voi. Dio è presente in ogni individuo sotto forma di Âtma. Il Nome del Signore è Coscienza. Obbedite dunque alla vostra coscienza.

Io vi dico spesso di rispettare le quattro “F”:

  • Follow the Master: Seguite il Maestro. Chi è il Maestro? È la vostra coscienza.
  • Face the devil: Affrontate il demonio. Chi è il demonio? È la vostra sete di denaro.
  • Fight to the end: Lottate fino in fondo.
  • Finish the game: Portate a termine la gara. Ciò significa ottenere la Liberazione.

Che cosa significa Liberazione? Noi realizziamo la Verità e immediatamente raggiungiamo la Divinità nel corso della nostra stessa esistenza. Tutto è in voi. Non c’è nulla di più prezioso dell’uomo. Ahimè, nessuno intraprende una vera ricerca sulla forza latente dell’essere umano. La forza umana non trova il suo eguale se non nella forza divina e la forza divina è identica alla forza umana. Facendo degli sforzi, voi, in questa vita, potete raggiungere qualunque obiettivo. Se il vostro sforzo è costante arriverete alla meta. Ma quella scimmia, che è la nostra mente, alimenta in noi i dubbi.

Quando Krishna era bambino, un giorno ci fu un grosso acquazzone a Gokula. Egli invitò tutta la gente a rifugiarsi sotto la montagna Govardhana, dicendo: “Io posso sollevare questa montagna per ripararvi”. Chi aveva una fede totale in Lui andò a rifugiarvisi; quelli che non credevano in Lui non seguirono i Suoi consigli.

(Swami canta:)

La gente pensava: non è che un bambino,
e questa montagna è molto pesante.
Potrà Egli sopportarne il peso?
Krishna non può essere capace di sollevare la montagna
ed essa ricadrà sulle nostre teste.

Tutti coloro che avevano una fede incondizionata nelle parole di Krishna furono protetti e salvati. C’è un episodio che ci rivela la divinità di Krishna: si riferisce a quando Balarâma andò a raccontare a sua madre Yashodâ che Krishna mangiava della terra. Di fatto, ciò non riguardava Balarâma, ma egli agì con l’intenzione di rivelare alla madre la divinità di suo fratello. “Mamma, a casa nostra non mancano le provviste; eppure Krishna mangia della terra!”

Yashodâ si sentì molto triste e disse a Krishna:

(Swami canta:)

“Krishna, Tu non mangi ciò che io Ti metto in tavola,
ma entri furtivamente nelle case vicine
per mangiarvi le provviste di burro e yogurt.
Arrivi persino a mangiare della terra!”

Dicendo questo, Yashodâ diede uno schiaffo a Krishna sulla guancia. Egli le rispose sorridendo:

(Swami canta:)

“Mamma, sono affamato o insensato?
In verità, non ho fame e non sono matto.
Io non sono un bambino.
Mamma, perché Mi punisci senza motivo?
Che senso ha accusarMi di mangiare della terra?
Controlla la Mia bocca”.

Krishna aprì la bocca e Yashodâ vi vide l’intero universo. Vedendo l’universo nella bocca di Krishna, Yashodâ si domandò: “È questo un sogno o è l’opera di Dio? È il frutto della mia immaginazione? Sono davvero Yashodâ, la madre di Krishna? Tutto ciò che vedo è realmente vero?” Yashodâ ebbe di colpo la mente invasa dai dubbi. Balarâma aveva inventato quello stratagemma per dissipare i dubbi di sua madre riguardo alla divinità di Krishna.

E non è tutto. Un altro episodio ci mostra come Balarâma insegnò a sua madre il mistero della Divinità. Un giorno, mentre Krishna e Balarâma stavano giocando all’aperto, Krishna esclamò: “Torniamo a casa perché nostra madre ci aspetta!” Balarâma immediatamente replicò: “Yashodâ è forse Tua madre? Assolutamente no! Yashodâ e Nanda sono di pelle chiara; Tu, al contrario, hai un colore scuro. Tu non sei il figlio di Yashodâ e di Nanda”.

Tornato a casa, Krishna disse a Yashodâ: “Mamma, sembra che Io non sia tuo figlio”. Ella capì e spiegò: “Ciò che dice Balarâma è la pura verità. Tu sei il figlio di Devakî Devî. A Dvârakâ, Devakî Devî soffrì molto”. Quando Dio assume una forma umana, molta gente deve affrontare delle sofferenze. Se voi non soffrite, la Divinità non si manifesterà.

(Swami canta:)

Accontentandovi di portare con voi la canna da zucchero,
non avrete mai il suo succo zuccherino.
Non potrete estrarlo che schiacciando la canna.

La canna da zucchero deve essere schiacciata e bollita; tutta la nostra sofferenza è come il torchio che estrae il succo di canna da zucchero della Divinità, l’Essenza divina. Tutta questa essenza, questa dolcezza è Brahman (Dio). I genitori che hanno il compito di allevare i bambini-Avatâr, soffrono anch’essi. Yashodâ e Devakî penarono ciascuna in modo diverso. Devakî conobbe i dolori del parto e Yashodâ sopportò le marachelle del giovane Krishna.

Râma voleva dimostrare al mondo intero che obbediva agli ordini di Suo padre e Kaushalyâ soffrì il dolore della separazione. Ogni Incarnazione divina crea un dramma per insegnare la divinità all’umanità. I devoti, però, non comprendono chiaramente ciò. Perché? Dio è Uno, ma ha bisogno di agire secondo differenti stili.

Sapete tutti come ha piovuto la notte scorsa. Non pioveva solo acqua, ma anche grandine. La grandine è acqua, ma può farvi male colpendovi, mentre la pioggia non fa mai male. Dio incarnato ricorre a sistemi che vi fanno soffrire, benché siano pieni d’Amore. La grandine è dura, ma è costituita d’acqua. Infatti, tutto ciò che Dio fa è pieno d’Amore. Se Dio vi sottopone a difficoltà e ansie è per puro Amore. Non dovreste spaventarvene. La paura nasce dai vostri stessi errori. Voi siete scintille della Divinità. Vivete in questa consapevolezza!

Quando la vostra natura di scintille del Divino si è ben consolidata in voi stessi, non avete più alcuna preoccupazione, tensione, paura, tristezza né dolore. Non dovete affrontare alcuna difficoltà. Dovreste dunque restare imperturbabili e compiere il vostro dovere.

Voi sete attirati da un certo sentimento o da una data inclinazione interiore. Di fatto, questo amore (attrazione) è lo stesso in tutto il mondo; certe persone amano i laddu, altre preferiscono i burfi o i jilebi. Anche se il gusto di questi dolci differisce, lo zucchero è identico in tutti. Allo stesso modo le vostre ricerche spirituali differiscono fra loro. Nessuno ha il diritto di criticare la disciplina spirituale intrapresa dagli altri. Qualunque disciplina si intraprenda, si giungerà alla stessa meta. La scelta del sentiero dipende dalle inclinazioni di ciascuno. Quindi, non si dovrà mai criticare il sentiero divino degli altri, perché Dio è l’unico Dio e voi dovreste avvicinarLo con pensieri divini.

Abbiamo qui un’imponente assemblea di aspiranti spirituali, molti dei quali provengono da paesi stranieri. Io vi ripeto molto spesso che i nomi delle persone sono diversi, ma Dio è unico. Le forme sono diverse, ma la Divinità è unica. Abbiate una fede totale in questa unicità. Dio è Uno, anche se viene chiamato Gesù, Brahmâ, Vishnu o Îshvara. Si attribuisce a Dio una miriade di Nomi, ma Egli è Uno. I saggi affermano: Ekam sat viprâ bahudâ vadanti, “La Verità è Una, anche se espressa da una moltitudine di nomi”. Om ityekâksharam Brahma, “Il suono primordiale Om è il Brahman stesso”.

Se voi suonate l’armonium, sperimentate quello. C’è la gamma delle note: do, re, mi, fa, sol, la, si, do; e, premendo su ciascun tasto, otterrete suoni diversi. Le note sono diverse, ma l’aria che passa attraverso l’armonium è la stessa per tutti i tasti. Allo stesso modo i nostri nomi e le nostre forme variano, ma la Divinità è Unica in tutti. Bisogna assolutamente che manteniamo questa Divinità saldamente stabile nel nostro cuore.

Ecco perché Krishna disse ad Arjuna: “Non Mi siedo dietro nel tuo carro. Io non sono una persona estranea. Io sono te e in te. Lascia dunque che Mi sieda davanti, nel tuo cuore, perché quello è il posto che Mi spetta di diritto. Lì, Io sono presente sotto la forma del mantra, la parola sacra, mentre l’esterno non è che uno yantra, una macchina, uno strumento inanimato. Questo yantra funziona come una macchina, ma non ha vita; il mantra, al contrario, è il principio di vita che controlla tutto dall’interno”.

Dio è l’espressione stessa del mantra. Egli è Hridayvâsi, l’Abitante del cuore. Lasciate che si installi definitivamente nel vostro cuore spirituale. Se voi desiderate vedere Dio nel mondo esteriore non arriverete che a perderLo di vista, perché il guardare verso l’esterno è di natura animale. Coltivate la visione interiore: quella è la vera pratica spirituale che vi permetterà di sapere che Dio è in ogni essere. Qualunque sia la persona con la quale parliamo, dovremmo avvicinarci ad essa con rispetto e cortesia, senza mai fare ricorso a parole dure. Se le nostre parole sono aspre, procureremo dolore.

Non si possono sempre far cortesie,
ma si può sempre parlare cortesemente.

Dovremmo sempre avere l’umiltà nei nostri contatti, pensando che Dio risiede in tutti i cuori. Criticare qualcuno equivale a criticare Dio; rifiutare qualche cosa a qualcuno significa rifiutarla a Dio. In compenso, tutto il rispetto, le azioni e le premure che riservate agli altri, raggiungono direttamente Dio.

L’uomo cova in sé le caratteristiche negative latenti della collera, della gelosia, dell’orgoglio, ecc. Non lasciate loro alcun diritto d’espressione, perché, se le lasciate emergere, vi farete del male. Se una di queste caratteristiche apparisse in voi, restate in silenzio per qualche tempo. In effetti, se parlaste a qualcuno sotto l’effetto di una di queste pericolose emozioni, sentireste immediatamente montare la collera. Questo non è il cammino delle qualità proprie dell’uomo.Siate pacifici.

A conclusione della seduta di bhajan, cantiamo tre volte: “Shânti, Shânti, Shânti”. Perché tre volte e non quattro? Qual è il significato? Invitiamo la Pace a stabilirsi in noi a livello fisico, psicologico e spirituale. Affermiamo il nostro bisogno di ottenere la Pace per quelle tre dimensioni. Senza avere Pace a questi tre livelli d’esistenza, la vita è impossibile. Voi potete, per esempio, conoscere la Pace del corpo, ma non della mente e dello spirito; oppure potete essere mentalmente agitati e la vostra pace fisica non serve a niente. Di conseguenza, è indispensabile che la Pace sia instaurata nei tre livelli contemporaneamente.

Nel passato, il sentiero della spiritualità è stato sperimentato dai saggi ed essi hanno diffuso il messaggio della loro esperienza e della loro liberazione. Molti si sottoposero a grandi penitenze per cercare Dio, per sapere dove trovarLo. Alcuni hanno abbandonato la ricerca lungo la strada; certi altri si chiesero perché viene donata la luce e persistettero nello sforzo per conoscere Dio.

Essi, alla fine, poterono dichiarare: “Senza mitigare i nostri sforzi e attraverso continui tentativi, abbiamo visto Dio! Egli ha la lucentezza e lo splendore di milioni di Soli ed è al di là di ogni tamas, l’oscurità, l’ignoranza. È là che abbiamo visto Dio”. I saggi annunciarono all’intero universo: “Noi abbiamo visto Dio. Fate in modo di vederLo anche voi”. Che cos’è questo tamas? Dio è oltre l’attaccamento al corpo. Il corpo è tamas. La mente è tamas.

Il corpo è una bolla di sapone, la mente è una scimmia pazza.
Non obbedite mai ai capricci del corpo, non obbedite alla mente.
Ascoltate la vostra coscienza.

Dio non è separato da noi né si trova in una terra lontana. Egli è semplicemente al di là dell’oscurità e dell’ignoranza; ciò significa che è al di là del corpo e della mente. Il corpo vi è stato dato perché possiate incamminarvi sul sentiero della sacralità e la mente per permettere di prendervi cura del corpo. Corpo e mente sono negativi. Dovete scegliere il polo positivo, vale a dire il Principio atmico. Questo Principio positivo interiore vi immunizza dagli effetti del polo negativo. Però, senza il Principio atmico, tutto diventa inutile. Dovreste, dunque, attaccarvi solidamente a questo Principio dell’Amore.

Dio è Amore, vivete nell’Amore.

Quale tipo d’Amore? Un Amore puro e disinteressato. In verità, l’ego è sprovvisto d’Amore, mentre l’Amore è privo di ego. Coltivando questo amore disinteressato possiamo raggiungere la Divinità in un istante. Non è necessario che passino giorni, settimane, mesi; potete realizzare questo obiettivo in un solo istante. Esattamente come la luce appare nel momento stesso in cui premete il bottone dell’interruttore, la realizzazione arriverà in un istante.

Per tutto il tempo che saremo in questo mondo, compiamo il nostro dovere, rispettiamo il mondo e consideriamolo come divino. Ogni cosa è divina. La vera pratica spirituale non è altro che questo. Tutte le pratiche spirituali moderne sono completamente egocentriche. Perché meditate? Meditate unicamente per voi stessi e non per il mondo o per la società.

Pregate per la società; questa preghiera non può essere individualistica. L’individualismo vi porta alla rovina. No, la vostra preghiera deve essere cosmica, universale. La società è un’unità di cui l’individuo è un membro. Pregate dunque per la società.

Possa il mondo intero essere felice.

Se attorno a Me tutti sono felici, Io pure lo sarò. Se voi aspirate realmente a essere felici, spazzate via il vostro ego e pregate intensamente per la felicità della comunità e della società; sarete felici anche voi. Quindi, per conoscere la Divinità, dovete purificare il vostro cuore. Quando purifichiamo il nostro cuore, possiamo vedere il riflesso di Dio come, nello specchio, vediamo il nostro stesso riflesso.

(Swami conclude il Discorso cantando il bhajan: Govinda Krishna Vitthale, Gopala Krishna Vitthale)

Kodaikanal, Sai Shruti, 26 aprile 1998 Versione integrale