4 Dicembre 1976 – Beatitudine divina

4 Dicembre 1976

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Beatitudine divina

[1] Oggi avete preso la decisione di colmarvi di beatitudine divina
cantando ininterrottamente per ventiquattro ore le glorie di Dio in
coro e con la musica. Lo chiamate akhaṇḍa bhajan, canto ininterrotto,
anche se si concluderà al termine del tempo stabilito, ma l’idea è
comunque buona e il programma darà dei risultati benefici perché,
in quest’epoca di ansia e paura, il pensiero di Dio e la ripetizione
del Suo nome costituiscono uno dei mezzi accessibili a tutti per la
liberazione.
La gente si affanna per anni per mantenere le proprie famiglie e crescere
i figli e, sebbene non vi riesca nella misura in cui spera o desidera,
continua tenacemente nei suoi sforzi; ma nello sforzo di guadagnarsi
la grazia di Dio non mostra neppure la metà di tanto interesse,
anzi resta delusa se non vede i segni della grazia dopo qualche
sporadico slancio nella disciplina spirituale.
[2] Il canto dei bhajan è più importante del cibo; la preghiera è più
desiderabile di un buon pasto. Uccelli, animali, insetti, vermi: tutti
mangiano e si mantengono sani. L’uomo è il vertice della creazione,
il signore di tutti gli altri esseri, ed è davvero deprecabile che anch’egli
si preoccupi solo di cercare cibo e riparo come fanno le specie
inferiori. Da quando si sveglia a quando si corica, è impegnato
in innumerevoli faccende, problemi incessanti, continui pasticci e
ansie senza limiti. Cosa ci guadagna? Solo confusione e agitazioni
mentali.
È questo il significato dell’esistenza umana? No, non è possibile!
L’uomo ha il ben più nobile obiettivo dell’illuminazione e di accendere
la lampada dell’amore dentro di sé per condividere quella luce
con tutti. Il desiderio e l’ira sono i due nemici che gli impediscono
di mantenere la fiamma pienamente luminosa, ma i bhajan costituiscono
una buona pratica per tenere quei nemici alla larga.
Kāma, il desiderio, è la bramosia per il piacere fisico, per il potere, la
fama, la ricchezza e l’erudizione. Krodha è l’ira che deriva dalla
bramosia non soddisfatta. Se anelate alla pace della mente, dovete
intraprendere la disciplina che vi condurrà alla pace. Se invece restate
sempre attaccati ai soliti comportamenti, come potrete ottenere
la pace?
[3] Voi vi trovate in quel piazzale laggiù e, desiderando andare a
Whitefield, salite su un autobus che però va nella direzione opposta
e vi porta a Hoskote. È forse un segno d’intelligenza? Scegliete la
strada sbagliata e poi vi lamentate di esservi persi. Il sale e la canfora
sembrano identici a prima vista, ma dovrete esercitare l’intelligenza
per distinguere tra i due. L’ottone fa più rumore dell’oro, ma
non dovete lasciarvi ingannare e scegliere l’ottone invece dell’oro.
Se qualcuno fa tanto chiasso e induce la gente a credere erroneamente
che sia un saggio, è come l’ottone: non scambiatelo per oro.
Date valore ai cuori puri e alle azioni compiute con dedizione, e
non lasciatevi andare a pronunciare parole che facciano del male
agli altri. Se intendete fare del male a qualcuno, quel male si ritorce-
rà poi contro di voi. Il dolore di cui soffrite è solo un’eco del dolore
che avete inflitto al cuore di altri. Perciò, se avete ferito qualcuno,
chiedete perdono, pentitevi e proponetevi di non farlo mai più.
Con la preghiera sincera si possono distruggere montagne di cattiverie.
Da oggi prendete la ferma decisione che le vostre parole siano
sempre dolci e amabili, le vostre azioni siano benefiche per tutti e i
pensieri siano diretti a servire le persone più deboli e bisognose.
In questo e in altri villaggi ci sono persone troppo anziane o affette
da malanni fisici, ci sono zoppi, sordi, ciechi, persone colpite dalla
poliomielite o paralizzate, che hanno difficoltà a racimolare anche il
minimo necessario per la loro sussistenza. Alcuni hanno anche delle
famiglie sulle spalle e ciò che riescono a raggranellare è insufficiente
di questi tempi in cui i prezzi salgono enormemente.
[4] Mi propongo di aiutare gli abitanti dei villaggi intorno a
Bṛndāvan con contributi economici e strutture di servizio, creando
delle opportunità di lavoro con attività di sartoria, carpenteria, tinteggiatura,
filatura, tessitura e artigianato. Nello svolgere tali lavori,
essi potranno recitare i nomi di Dio, cantare i bhajan e praticare il
nāmasmarana, in modo da guadagnarsi la pace della mente e il cibo
per il corpo. Come cantava Vemana1, essi avranno ‘l’arte per guadagnare
del denaro ed essere felici qui, e l’arte per guadagnarsi la
grazia ed essere felici lassù’.
Anche quelli che lavorano duramente nei campi ogni giorno possono
riunirsi la sera, dopo cena, nella sala di questo tempio dedicato a
Venugopālasvāmī2 e colmarsi della gioia e della pace che i bhajan
possono conferire. Coloro che cantano i bhajan ottengono qualcosa
che si può definire ‘un doppio vantaggio’ perché ottengono gioia e
diffondono gioia! Oggi la vita è piena di sofferenze, costellata da
paure e disperazione; l’unico momento in cui potete dimenticare
tali pensieri e rinvigorirvi per far fronte ai tempi duri è quando entrate
in contatto con la fonte di ogni forza, Dio.
[5] Non riuscirete a trovare quella pace e quella gioia mentre vi trovate
sotto il peso della vita quotidiana. Voi portate un grosso carico
di preoccupazioni tutto il giorno; mettetelo da parte tutte le sere per
un’ora e trascorrete quel momento con Dio, che può rendere le vostre
spalle robuste e leggero il vostro carico. Vi godrete i bhajan se li
renderete una funzione quotidiana come mangiare e dormire. Mangiate
due volte al giorno per sostenere il corpo; non è quindi il caso
di cantare i bhajan almeno una volta per sostenere la mente?
I bhajan sono parte della nostra cultura, della tradizione del sanātana
dharma che è sopravvissuto solo nei villaggi, seppure in forma attenuata.
Esso è scomparso dalle città nelle quali la gente ha delle maniere
più eccitanti per passare il tempo e rilassarsi, ma questo programma
di riunirsi tutti per cantare i bhajan insieme deve essere
alimentato, sviluppato e poi trapiantato anche nelle città.
Sono lieto di constatare che i giovani di questo villaggio e di quelli
vicini, specialmente i giovani che frequentano il ‘Śrī Sathya Sai College’,
mostrino vivo interesse per il canto dei bhajan: è davvero un
segno promettente, carico di un grande potenziale per il futuro del
nostro Paese e della sua cultura. Questi giovani purificano le loro
menti e concorrono a ripulire l’atmosfera dei villaggi; perfino qui
l’aria è inquinata dalle volgari canzoni dei film, dalle conversazioni
disgustose e degradanti. Le ventiquattro ore di bhajan la purificheranno
con vibrazioni divine, e chi respira l’aria pura sarà più sano e
terrà un contegno più dignitoso.
[6] Lo studente che ha tenuto il discorso per darmi il benvenuto ha
terminato chiedendomi di tornare ancora qui per una funzione di
cui ha parlato. Sono sempre disposto a venire nel vostro villaggio
ogni volta che lo desideriate, perché vedo che le vere qualità umane
prosperano solo nei villaggi: la gente delle città le ha perse.
Il ripristino del dharma deve iniziare dai villaggi dove ancora è presente,
per quanto instabile o incerto. Perciò dovete seguire la via del
dharma e considerarlo il vero obiettivo di tutte le vostre attività. Siate
uniti in tale impresa e sostenetevi l’un l’altro nel cammino, e il
successo sarà assicurato.

Sīgehalli, 04.12.1976